Siamo  convinti che questa emergenza sanitaria rappresenti uno vero e proprio spartiacque per l'impatto che avrà sulla vita delle persone, sulla società e sull'economia. Come in tutte le grandi crisi, sul serio “niente sarà come prima”.

Si apre una biforcazione, per cui diventa possibile mettere in discussione le fondamenta su cui si è retta la fase neoliberista inaugurata da quarant’anni oppure saremo di fronte ad una regressione delle condizioni di vita, reddito, lavoro e anche di democrazia e libertà delle persone.

Se vogliamo stare in campo rispetto a quello che succederà, diventa necessario, intanto, che ci dotiamo di una nuova visione, di una narrazione generale, per un altro mondo possibile e che aggredisca i nodi di fondo che ci propone questa nuova fase di crisi sistemica.

Essa, a nostro avviso, dovrà necessariamente fondarsi su alcuni filoni tematici:

  • il primato della vita e dei diritti fondamentali rispetto al mercato e alle sue logiche;
  • il riconoscimento dei beni comuni - naturali, sociali, emergenti e ad uso civico - come elementi fondanti della coesione territoriale e di una società ecologicamente e socialmente orientata;
  • la tutela e la ripubblicizzazione dei servizi pubblici come strumenti che garantiscono l'accesso e la fruibilità dei beni comuni e dei diritti;
  • l’espansione della democrazia e della partecipazione, oltre alla necessità di vigilare che non si cristallizzi in nessun modo la compressione delle libertà individuali e sociali imposte in tempi di pandemia per straordinaria necessità;
  • la valorizzazione del lavoro e la creazione diretta di un’occupazione di qualità, prevedendo il superamento di tutte le condizioni di precarietà e intraprendendo da subito la strada del reddito universale;
  • la necessità di superare le forti disuguaglianze sociali, che si sono accresciute ancor più nella crisi e che, oltre ad essere inaccettabili, costituiscono un potente fattore del suo avvitamento;
  • la consapevolezza che la crisi climatica e ambientale si combatte mediante la conversione ecologica dell’economia e una transizione energetica partecipata che metta in campo politiche adeguate per mitigare gli effetti del surriscaldamento globale a partire dalla fuoriuscita dall'uso dei combustibili fossili;
  • l'urgenza di convertire il lavoro della terra secondo criteri ecocompatibili che pongano fine alla sua devastazione, operando per far uscire la chimica dall'agricoltura e il metodo intensivo dagli allevamenti;
  • la necessità della riappropriazione della ricchezza sociale espropriata dalla libertà incondizionata dei movimenti di capitale, dalla finanziarizzazione dell’economia e della società, dalla privatizzazione dei sistemi bancari, finanziari e dei servizi pubblici, dall’usura degli interessi sul debito;
  • promozione del diritto ad avere un cibo di qualità che non sia considerato anch’esso una merce per tre ordini di discorso:
  • per la salvaguardia della salute e i problemi sanitari che comporta l’industrializzazione dell’agricoltura;
  • per la salvaguardia della biodiversità e l’ambiente;
  • per la salvaguardia delle microimprese, quale pilastro portante della nostra economia.       

In generale diviene necessario un nuovo forte ruolo dell’intervento pubblico capace di realizzare gli obiettivi sopracitati, al di fuori della trappola del debito e per ridurre in modo significativo le disuguaglianze sociali.


qui il documento completo:

Pandemia e crisi: un altro mondo è necessario


Siamo convinti che questa emergenza sanitaria rappresenti uno vero e proprio spartiacque per l'impatto che avrà sulla vita delle persone, sulla società e sull'economia. Come in tutte le grandi crisi, sul serio “niente sarà come prima”. Si apre una biforcazione, per cui diventa possibile mettere in discussione le fondamenta su cui si è retta la fase neoliberista inaugurata da quarant’anni oppure saremo di fronte ad una regressione delle condizioni di vita, reddito, lavoro e anche di democrazia e libertà delle persone.
Se vogliamo stare in campo rispetto a quello che succederà, diventa necessario, intanto, che ci dotiamo di una nuova visione, di una narrazione generale, per un altro mondo possibile e che aggredisca i nodi di fondo che ci propone questa nuova fase di crisi sistemica.
Essa, a nostro avviso, dovrà necessariamente fondarsi su alcuni filoni tematici:
 il primato della vita e dei diritti fondamentali rispetto al mercato e alle sue logiche;
 il riconoscimento dei beni comuni - naturali, sociali, emergenti e ad uso civico - come elementi fondanti della coesione territoriale e di una società ecologicamente e socialmente orientata;
 la tutela e la ripubblicizzazione dei servizi pubblici come strumenti che garantiscono l'accesso e la fruibilità dei beni comuni e dei diritti;
 l’espansione della democrazia e della partecipazione, oltre alla necessità di vigilare che non si cristallizzi in nessun modo la compressione delle libertà individuali e sociali imposte in tempi di pandemia per straordinaria necessità;
 la valorizzazione del lavoro e la creazione diretta di un’occupazione di qualità, prevedendo il superamento di tutte le condizioni di precarietà e intraprendendo da subito la strada del reddito universale;
 la necessità di superare le forti disuguaglianze sociali, che si sono accresciute ancor più nella crisi e che, oltre ad essere inaccettabili, costituiscono un potente fattore del suo avvitamento;
 la consapevolezza che la crisi climatica e ambientale si combatte mediante la conversione ecologica dell’economia e una transizione energetica partecipata che metta in campo politiche adeguate per mitigare gli effetti del surriscaldamento globale a partire dalla fuoriuscita dall'uso dei combustibili fossili;
 l'urgenza di convertire il lavoro della terra secondo criteri ecocompatibili che pongano fine alla sua devastazione, operando per far uscire la chimica dall'agricoltura e il metodo intensivo dagli allevamenti;
 la necessità della riappropriazione della ricchezza sociale espropriata dalla libertà incondizionata dei movimenti di capitale, dalla finanziarizzazione dell’economia e della società, dalla privatizzazione dei sistemi bancari, finanziari e dei servizi pubblici, dall’usura degli interessi sul debito;
 promozione del diritto ad avere un cibo di qualità che non sia considerato anch’esso una merce per tre ordini di discorso:
 per la salvaguardia della salute e i problemi sanitari che comporta l’industrializzazione dell’agricoltura;
 per la salvaguardia della biodiversità e l’ambiente;
 per la salvaguardia delle microimprese, quale pilastro portante della nostra economia.
In generale diviene necessario un nuovo forte ruolo dell’intervento pubblico capace di realizzare gli obiettivi
sopracitati, al di fuori della trappola del debito e per ridurre in modo significativo le disuguaglianze sociali.

Per un nuovo modello sociale e produttivo, centralità dell’intervento pubblico e reperimento delle risorse La crisi sanitaria che si è aperta con le vicende del Coronavirus è destinata a diventare una nuova grande crisi economica e sociale, ben più forte di quella verificatasi negli anni 2008 e successivi. In assenza di scelte politiche adeguate, essa produrrà e alimenterà le disuguaglianze nella società. Infatti, è illusorio pensare, come sembrano orientate buona parte delle classi dirigenti, che ora occorre stanziare risorse ingenti, incrementando deficit e debito pubblico, sperando che ciò possa essere indolore e che non venga il momento in cui, invece, ci verrà presentato il conto di questa logica emergenziale.
In questa nuova grande crisi, solo un ripensamento radicale del modello produttivo e sociale è in grado di far fronte, in termini socialmente equi, alle questioni di fondo che dovremo affrontare. E' questo il tempo di contribuire ad edificare un modello alternativo di società a quello esistente fondato esclusivamente sulla riproduzione del profitto a scapito dell'umanità e dell'ecosistema; lo stesso scontro tra profitto e vita nell'attuale emergenza sanitaria ha reso evidente l'urgenza del cambiamento. In una prospettiva strategica, stante la interrelazione fra sistema economico e benessere dell’umanità e del pianeta, diventa necessario porre da subito le basi per una trasformazione nella modalità di produzione dei beni e dei servizi.
L'emergenza sanitaria e le stringenti difficoltà del lavoro-reddito abbisognano di risposte immediate che, da una parte, intervengano sulle difficoltà in cui versano molte persone e, dall’altra, alludano proprio al cambio di paradigma che riteniamo ineludibile:


1. istituzione del Salario Minimo Garantito (SMG), indicativamente fissato a 1300 € mensili;
2. istituzione del Reddito Minimo Garantito (RMG) il quale deve essere uno degli strumenti centrali per costruire una società fondata sulla dignità della persona, su un’idea di autonomia individuale e di libertà di scelta, di distribuzione e ridistribuzione della ricchezza. Il RMG deve essere individuale, garantito a tutti i residenti in Italia (nativi o migranti residenti) e non condizionato alla ricerca di un lavoro, la cui misura minima può essere indicativamente pari a 650 € mensili (l’equivalente della soglia di povertà per il 2018 registrata dall’ISTAT) non erogato solo a chi ha una ricchezza patrimoniale mobiliare ed immobiliare superiore ad una certa soglia (i ricchi e i possidenti non ne hanno diritto), ma cumulabile con il salario o pensione fino all’ammontare della cifra del Salario Minimo Garantito (SMG), indicativamente fissato in 1.300 € netti mensili;
3. riduzione generalizzata dell’orario di lavoro giungendo a 30 ore settimanali a parità di salario. Essa, inoltre, costituisce una leva potente per affrontare il tema della disoccupazione;
4. blocco dei distacchi delle utenze domestiche di acqua, luce, gas e del pagamento delle bollette per i disoccupati, i cassintegrati e per chi ha reddito familiare sotto i 1200 €;
5. blocco degli sfratti e del pagamento degli affitti per i disoccupati, i cassintegrati e chi ha un reddito familiare sotto i 1200 €;
6. ricalcolo-riduzione del costo degli affitti e delle bollette.

Collegato alle misure sopra delineate ma con un’ottica ancora più strutturale, va messo a punto un grande Piano di interventi e investimenti pubblico con l’obiettivo non solo di imprimere una svolta radicale rispetto alle scelte di politica economica e sociale compiute almeno negli ultimi 30 anni, ma anche quella di intervenire nei meccanismi di creazione-distribuzione della ricchezza e di decisione degli investimenti, cambiando in profondità gli assetti fondamentali del modello di produzione e del vivere sociale, oltre a definire nuove priorità e finalità di uno sviluppo eco-solidale, teso a contrastare l'economia inquinante che devasta il clima e l'armonia con la natura.
In estrema sintesi, il Piano deve basarsi su una mole di risorse molto significative, complessivamente pari a 180-200 miliardi di €, un ordine di grandezza attorno al 10% del PIL, e deve articolarsi nei seguenti capitoli:
1. un potenziamento forte del Welfare, dei beni comuni sociali, prevedendo investimenti diretti per diverse decine di miliardi nella sanità, nell’assistenza sociale e nella tutela dell’infanzia e della vecchiaia, nell’istruzione e nella cultura, nella casa, nella previdenza, nella mobilità, nella sicurezza sociale e del lavoro, in una logica di affermazione di un sistema pubblico e universalistico, favorendo peraltro l’incremento occupazionale delle donne attualmente bloccate in servizi di cura casalinga non retribuiti, e il sostegno alle attività mutualistiche e cooperative, in quanto spazi di civiltà e di crescita collettiva. In questo quadro, va prevista l'abrogazione dell’obbligo del pareggio di bilancio in Costituzione e/o l’inserimento della previsione della non assoggettabilità dei diritti fondamentali alle “regole del mercato” e di bilancio;
2. la riconversione ecologica dell’economia e la lotta al cambiamento climatico, assumendo quest’asse come quello su cui puntare per ridefinire e ri-orientare tutto il sistema produttivo e dei servizi. Ciò significa, in primo luogo, realizzare in un arco di tempo relativamente breve una strategia di “decarbonificazione” dell’economia, l’uscita cioè dall’utilizzo dell’energia fossile, dismettere le produzioni nocive e inquinanti, vietare la produzione-commercio di armi da guerra;
3. il riassetto idro-sismo-geologico e la messa in sicurezza del territorio, entro cui comprendere la difesa e la pubblicizzazione dei beni comuni naturali. Si tratta di pensare ad una miriade di “opere diffuse e continuative”, coordinate nazionalmente ma gestite a livello territoriale;
4. la gestione diretta pubblica e la nazionalizzazione di imprese nei settori strategici, sia quelli considerati tradizionali, sia quelli maggiormente innovativi;
5. la promozione di una partecipazione e protagonismo diffusi nella sua attuazione anche mediante la definizione di un nuovo ruolo dei Comuni e l’attivazione di percorsi di democrazia partecipativa. Qui si colloca anche l'eliminazione del patto di stabilità interno, ovvero vincoli algoritmici che, in oltre venti anni, hanno comportato la drastica riduzione del personale dei Comuni, l'azzeramento delle loro possibilità di fare investimento, il taglio progressivo di diversi servizi essenziali;;
6. la costituzione di una vera e propria Banca pubblica per gli investimenti, che può essere svolto da Cassa Depositi e Prestiti, passando attraverso la sua socializzazione e un’adeguata ricapitalizzazione. Le risorse per finanziare l’ipotesi prospettata è certamente ingente visto che il Piano comporterebbe, come abbiamo detto prima, un impegno di circa 180- 200 miliardi di €. Riportiamo di seguito una serie di interventi che possono rispondere a quest’ammontare:
• imposta sulle grandi ricchezze patrimoniali e finanziarie che potrebbe dare un gettito annuo che va dai 5 ai 10 miliardi di Euro. Essa avrebbe anche il pregio di ridurre le grandi disuguaglianze;
• tassazione sugli scambi finanziari con la Tobin Tax o strumenti similari, da attuare a livello europeo o perlomeno nazionale;
• ridisegno del sistema fiscale, dei suoi scaglioni e aliquote, per ripristinare una reale progressività;
• lotta all’evasione fiscale, che si aggira attualmente attorno ai 120 miliardi di Euro anche agevolando l'incrocio di banche dati delle istituzione pubbliche;
• riduzione degli sprechi e la cancellazione delle risorse/incentivi utilizzati in contrasto con le finalità del Piano: qui si va dall’annullamento degli impegni di spesa per le grandi opere inutili (TAV, TAP, nuove autostrade) all’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi, a partire da quelli erogati a sostegno dei combustibili fossili, dalla revisione radicale degli attuali incentivi alle imprese al ridimensionamento significativo delle spese militari, cominciando dall’azzeramento dell’acquisto degli F35;
• rimessa in discussione del debito pubblico, che, nel corso degli anni, si è trasformata in una vera e propria trappola visto che il pagamento degli interessi sullo stesso si porta via più dell’avanzo primario del bilancio pubblico. Questa è una battaglia fondamentale da compiere anche in Europa sull’eliminazione definitiva del Patto di stabilità e del divieto degli aiuti di stato, con la messa a disposizione di miliardi a fondo perduto e non di prestiti, supportati da una politica fiscale unificata a livello europeo e dalla trasformazione della BCE in vera e propria Banca Centrale pubblica, con la disponibilità di acquistare direttamente i titoli di debito, equindi di poterlo monetizzare.
Diritti fondamentali, beni comuni e servizi pubblici locali Dobbiamo invertire la rotta e porre le basi per una società diversa, basata sulla riappropriazione sociale dei beni comuni, nella quale le comunità territoriali siano il fulcro di una nuova economia trasformativa, ecologicamente e socialmente orientata.


Dobbiamo riorganizzare l'intera finanza delle città e dei Comuni secondo il principio del pareggio di bilancio sociale, ecologico e di genere e di dare questi come unico obiettivo da raggiungere per ogni ente locale, garantendo risorse incomprimibili per la sua realizzazione.
Il principio di fondo è che non è vero che i soldi non ci sono, ce ne sono tanti, persino troppi: il problema è che sono tutti nelle mani sbagliate o al servizio degli interessi di pochi.
L’orizzonte deve essere quello della riappropriazione sociale di tutto quello che appartiene alla collettività e la realizzazione di una reale democrazia partecipativa di prossimità, per una solidarietà cooperante e per l’autogoverno partecipativo.
In questa ottica e con questo orizzonte, sapendo che lo scontro oggi in atto è tra profitto e vita, diventa decisiva la rivendicazione a tutti i livelli che i Diritti Fondamentali, primi fra tutti quelli all’acqua, alla salute e all’istruzione, non sono disponibili al mercato e che il loro soddisfacimento per tutte e tutti deve prescindere dalle questioni di bilancio.


La garanzia dei diritti fondamentali, infatti, spetta alla persona in quanto tale, a prescindere da ogni condizione individuale, economica, sociale, di genere, religiosa, politica, etc. Pensiamo sia evidente la connessione tra il diritto all’acqua e gli altri diritti fondamentali, tra la garanzia effettiva dei diritti fondamentali sociali e il carattere necessariamente pubblico del servizio che li eroga, tra le lotte per la salvaguardia dell’ambiente e quelle per l’emancipazione della persona dai bisogni imposti dal mercato.
Indissolubilmente legato al tema dei Diritti Fondamentali è quello dei Beni Comuni, perchè riguardano non solo la sopravvivenza materiale delle persone, ma una molteplicità di bisogni da realizzare per una vita delle persone libera e dignitosa. I beni comuni, necessari o naturali (acqua, aria, territorio ecc.), sociali o emergenti (uno spazio pubblico, un teatro ecc.), sono di tutte/i, ad accesso non esclusivo, e superano la dicotomia della proprietà pubblica o privata; la loro gestione deve necessariamente prevedere meccanismi di partecipazione della comunità di riferimento (gli abitanti di un determinato territorio) alla quale vanno conferiti chiari diritti di accesso, utilizzo e gestione del bene con la garanzia della conservazione e trasmissione alle generazioni future. La loro gestione richiede quindi un rinnovamento radicale della politica e del rapporto con le istituzioni e deve avere come obiettivo un giusto equilibrio tra varie forme di democrazia: rappresentativa, diretta e partecipativa.
Il nostro impegno sia a livello nazionale sia a livello territoriale, è allora quello per la ripubblicizzazione della gestione dei Servizi Pubblici Locali e dei Beni Comuni, in particolare del Servizio Idrico, perché è l’unica strada percorribile se si vogliono recuperare i necessari spazi di democrazia e garantire l’esercizio dei diritti fondamentali. Per cui diviene dirimente l’approvazione della proposta di legge per l'acqua pubblica (la nostra proposta di legge di iniziativa popolare AC 52), unica opzione in grado di sovrascrivere e imporsi su ogni dimensione bloccante e sola strada praticabile per giungere alla piena attuazione del volere di 27 milioni di cittadini italiani.


Questa è anche la premessa per arrivare alla ripubblicizzazione di tutti i servizi pubblici locali: gli investimenti pubblici debbono essere orientati al soddisfacimento dei diritti fondamentali (in particolare alla salute, all’acqua, all’istruzione e alla difesa dei beni comuni). Le scelte degli investimenti devono essere fatte a partire dai territori e in modo partecipativo, anche attraverso Cassa Depositi e Prestiti che deve tornare ad essere la leva finanziaria a tassi molto agevolati per gli investimenti per gli enti locali. Allo stesso modo, diventa decisivo introdurre la costituzionalizzazione del diritto all’accesso all'acqua e dei diritti della Natura consapevoli che il diritto all’accesso all'acqua potabile e sicura ed ai servizi igienici rappresentano un diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani e la natura, dove si riproduce e si realizza la vita, ha diritto a che si rispetti integralmente la sua esistenza e al mantenimento e alla rigenerazione dei suoi cicli vitali, strutture, funzioni e processi evolutivi. Ogni persona e comunità potrà pretendere dall’autorità pubblica l’osservanza dei diritti della natura.


Siano quindi impegnati, soprattutto nei territori, per stimolare attenzione e partecipazione da parte delle/dei cittadine/i, a costruire reti con altri movimenti che si occupano di clima e sanità ponendo con forza il tema delle privatizzazioni, a difendere i nostri Comuni e ad aiutarli ad uscire dalla trappola del debito e a restituire loro la storica funzione pubblica e sociale.
Siamo anche consapevoli che l’acqua è e sarà sempre più obiettivo della politica nazionale e internazionale. Guerre e conflitti per l’acqua si sono succeduti ad un ritmo sempre più incessante nel secolo scorso e si avviano a contraddistinguere ancor più questo secolo. In questi conflitti l’acqua viene utilizzata quale strumento bellico di pressione-oppressione e di potere come ad esempio in Palestina il controllo israeliano sul Giordano, in Turchia  quello su Tigri e Eufrate, poi, in Etiopia con la costruzione di dighe sul Nilo. A livello europeo occorre adoperarsi affinché anche la normativa assicuri la tutela dei beni comuni fondamentali e dei servizi pubblici essenziali. Essi vanno esclusi, tanto a livello locale quanto europeo ed internazionale, da
liberalizzazioni e trattati sul commercio e gli investimenti.


Democrazia di prossimità e ruolo degli Enti locali Come abbiamo avuto modo di accennare l'emergenza sanitaria e la gestione della crisi hanno molto a che fare con la democrazia, per questo è a nostro avviso importante rifondare una reale “democrazia di prossimità”, ossia quell'insieme di procedure volte ad avvicinare le istituzioni ai cittadini creando spazi che rendano possibile l’iniziativa e la presa di decisioni diretta dei cittadini sulle questioni che li riguardano più da vicino, e in primo luogo sull’amministrazione della città e sulla rivitalizzazione delle Autorità d'Ambito . Sin dalla sua nascita il movimento per l'acqua ha attuato i propri obiettivi utilizzando strumenti di democrazia diretta. Lo abbiamo fatto sia a livello nazionale, che locale, usando tutti gli strumenti messi a disposizione dalle normative, per ridare voce ai cittadini e dare risposta alla crisi della democrazia.


Viviamo infatti in tempi nei quali certamente il livello più favorevole alla partecipazione è quello comunale messo, però, sono attacco sul piano finanziario, con la scusa del debito è stato bersagliato da tagli che ha spinto a svendere i beni comuni e a cedere importanti ruoli di potere decisionale. Questo attacco si traduce nei fatti in un attacco ai cittadini e ai loro diritti.
Una soluzione è la promozione di una rinnovata e più incisiva democrazia di prossimità, non solo nelle forme previste dalla legislazione nazionale ma nell’avere il coraggio di proporre modelli più opportuni a garantire la capacità di controllo diretto dei cittadini sulla vita amministrativa delle comunità, soprattutto in relazione al soddisfacimento dei bisogni reali, quali sono i servizi pubblici. Un discorso collegato al precedente ma che merita un capitolo a parte è quello della gestione partecipativa nelle
aziende idriche.


Ripubblicizzare non basta, è la presenza di forme di partecipazione di cittadine/i e lavoratori/trici a costituire l’elemento qualificante e innovativo del processo di trasformazione. Non abbiamo la pretesa di determinare come debba avvenire la partecipazione, intendiamo sollecitare un confronto collettivo per valutare insieme quali sono i punti cardine sui quali poi ogni realtà potrà lavorare all'interno dei propri territori.
1. Qual è il mandato di un eventuale organismo di controllo?
2. Quali sono gli atti dell'azienda su cui sarà chiamato ad esprimersi (piano industriale?)
3. Chi partecipa? Ci sono criteri di selezione? (maggiore età, titolo di studio?). Cercare sempre la parità di genere nella composizione dell’organismo
4. Quali sono i suoi poteri (es: può “bocciare” un atto dell'azienda? Oppure dà valutazioni e indicazioni che devono però avere un rifiuto motivato?)
5. Come si entra nell’organismo?
6. In questi anni la mancanza di spessore del personale politico ha spinto diversi di noi a tentare di partecipare direttamente come tecnici agli organismi di gestione, per supplire in qualche modo alle mancanze della politica. Altri pensano che sia limitante pensare alla partecipazione come a un “mettiamo qualcuno dei nostri” e che sia importante uscire dal meccanismo della delega, che il nostro obiettivo non sia di essere noi a partecipare, ma creare la cultura diffusa, le condizioni per cui siano i cittadini e i lavoratori a partecipare (in quale modo? Sorteggio? Elezione?).
7. Quali sono i passi legislativi per formalizzare un organismo di questo genere? Siamo convinti di attraversare un momento cruciale della storia della democrazia in questo paese e non solo, il quale ci può dare la possibilità di formulare un approccio differente sul modello e/o sui modelli di democrazia di prossimità applicata e applicabile partendo dalle esperienze specifiche di ogni soggettività senza precluderci a priori le possibilità di andare, consapevolmente e realisticamente, oltre.
Crisi idrica, climatica e ambientale Riconversione ecologica


L'attuale emergenza sanitaria dimostra la necessità di un approccio innovativo volto alla tutela, alla difesa e alla “cura” (intesa come forma di “interessamento solerte e premuroso per un oggetto, che impegna sia il nostro animo sia la nostra attività”) dell'acqua e dell'ambiente che si dovrebbe basare sulla partecipazione diretta delle comunità territoriali alle decisioni, in quanto esercizi di democrazia fondamentali per orientare le politiche di sviluppo locale e costruire scenari di giustizia sociale ed ambientale.


La crisi idrica è emblematica e sta facendo emergere le responsabilità di un sistema di gestione caratterizzato da una decennale mancanza di pianificazione e investimenti infrastrutturali perché piegato ad una logica monopolistica e privatistica che punta esclusivamente alla massimizzazione del profitto. Inoltre si è evidenziato come tale sistema sia andato a sovrapporsi al fenomeno del surriscaldamento globale e dei relativi cambiamenti climatici impattando negativamente sulla disponibilità dell'acqua per uso umano, sull'agricoltura e più in generale sull'ambiente.
Le politiche nazionali e internazionali devono garantire la disponibilità e l’accesso individuale e collettivo all’acqua potabile in quanto diritti inalienabili ed inviolabili della persona. Ciò a partire dalla consapevolezza che l’acqua non è un bene infinito, è indispensabile all’ esistenza di tutti gli esseri viventi, oltre ad essere una risorsa che va salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà. Qualsiasi uso delle acque deve essere effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.


Diviene in sostanza irrinunciabile e urgente un cambiamento del sistema passando dalla pianificazione dell’offerta, alla pianificazione e gestione della domanda, rimettendo al centro la tutela e gestione partecipativa dell'acqua e dei beni comuni. In questo contesto, occorre dunque mettere in atto provvedimenti volti alla riduzione dei consumi idrici, alla ristrutturazione delle reti acquedottistiche, alla tutela dall'inquinamento, all’incentivo all'utilizzo delle fonti rinnovabili ma solo a seguito di una valutazione del loro effettivo impatto, all’efficientamento dell'utilizzo dell'acqua in agricoltura e nella produzione industriale; così come respingere l’uso improprio delle tecnologie e il ricorso alle grandi opere.


Per quanto riguarda l’Italia il rapporto ISTAT del 2019 di monitoraggio del raggiungimento del “Goal 6 - Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie” dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU) segnala:
• la quasi totalità della popolazione ha accesso alla risorsa idrica e dispone di servizi igienici nelle abitazioni;
• aumento di frequenza di episodi di crisi idrica, con conseguenti problemi nella regolarità e nella qualità della distribuzione dell’acqua;
• primato europeo del prelievo di acqua per uso potabile, in termini assoluti, da corpi idrici superficiali e sotterranei, con valori tra i più elevati anche in termini pro capite;
• la contaminazione delle acque di falda, che in Italia sono la principale fonte di approvvigionamento di acqua potabile, determina la necessità di attuare trattamenti per trattenere le sostanze chimiche che diventano sempre più costosi e complessi;


In conclusione il rapporto segnala che è improbabile che nel nostro Paese avvengano sensibili avanzamenti per il raggiungimento dell’obiettivo 6 dell’Agenda 2030 perché non sono stati messi in atto interventi incisivi per limitare le perdite delle reti di distribuzione degli acquedotti, migliorare i sistemi di depurazione (ad esempio separando acque nere da quelle meteoriche), bonificare i suoli contaminati e favorire la transizione a pratiche agricole che facciano minore uso di fertilizzanti, pesticidi e acqua irrigua.
La riconversione ecologica, sia degli assetti economico produttivi che degli insediamenti urbani, riveste una forte rilevanza anche per la salvaguardia del ciclo naturale delle acque. Per quest’ultimo occorre nello specifico contesto italiano una serie di interventi:
• i bacini idrogeologici vanno tutelati;
• la quantità di acqua prelevata per le necessità umane deve essere limitata e correlata alle necessità degli ecosistemi a valle dei punti di prelievo;
• l’utilizzo dell’acqua va efficientato in agricoltura e nella produzione industriale, e va fortemente limitato nella produzione idroelettrica e per lo stoccaggio negli invasi;
• la depurazione delle acque deve raggiungere quantitativamente il 100% (attualmente è al 50/60%), deveessere resa efficiente al massimo grado consentito dalle tecnologie più evolute.


Crediamo che sia necessario riflettere attentamente sull’attuale modello di pianificazione urbana delle città improntato in larghissima parte a una crescita infinita. In questa ottica il ricorso a nuove concezioni e progetti di “rigenerazione urbana” basati sull'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili, alle moderne innovazioni tecnologie legate alla bio-architettura e alla bio-edilizia, nonché a nuove forme di aggregazione sociali, possono aiutarci anche nel portare avanti un discorso di nuova qualità della vita e di risparmio idrico ed energetico.
La crisi dei sistemi idrogeologici e il depauperamento delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile ci dovrebbe spingere a individuare e applicare nuove politiche di gestione e governance. Invece si è diffusa la convinzione che le tecnologie, quelle già disponibili e quelle da sviluppare, ci aiuteranno a risolvere i problemi; si è diffusa anche la convinzione, ancora più rischiosa, della infallibilità della scienza, una sorta di supremazia delle competenze scientifiche a cui in qualche modo occorre assoggettarsi.

Ad esempio l’energia idroelettrica viene incentivata in quanto fonte rinnovabile. E' bene ribadire che in molti casi risulta devastante per l’equilibrio ecologico dei fiumi. Siamo convinti, quindi, che oggi perseverare su questa strada sia veramente assurdo.
Le tecnologie vengono invocate, poi, per sfruttare le acque dei fiumi, inquinate, trattarle con sistemi di purificazione e rendere disponibile acqua potabile. Invece di seguire questa strada si dovrebbero riparare le perdite delle reti che sono ingenti.
Insomma, invece di evitare sprechi e inquinamenti, si evocano le tecnologie per rimediare ai danni generati dalla speculazione finanziaria, dagli interessi industriali considerati prioritari rispetto a quelli sociali e di salvaguardia dell’ambiente.
Le strategie di adattamento al cambiamento climatico per le risorse idriche risultano decisamente inefficaci e anziché basarsi su politiche di prevenzione, riducendo i consumi, limitando le perdite e tutelando la risorsa, si concentrano per lo più a individuare come unica soluzione quella di aumentare le capacità di invaso.
Ma non è solo questione di quantità, il cambiamento climatico ci metterà di fronte alla scarsa disponibilità di acque di qualità per l’uso potabile. L’inquinamento diffuso causato dal massiccio uso di prodotti chimici in agricoltura, fertilizzanti pesticidi ed erbicidi (ad es. glifosato), dagli scarichi industriali (ad es. inquinamento da PFAS in Veneto e ad Alessandria) e spesso anche quelli domestici non trattati, hanno ridotto drasticamente le riserve di acqua ‘buona da bere’ e seriamente messo a rischio la salute di centinaia di migliaia di persone. L’istituzione e il rispetto delle aree di salvaguardia dei punti di prelievo e la tutela delle zone di protezione e di ricarica delle falde sono azioni a costo zero.

L’acqua però, come elemento di connessione per eccellenza, viene troppo spesso sottovalutata. Ben poco si spinge verso la preservazione quanti-qualitativa del bene così come verso i processi di ri-naturalizzazione dei fiumi e della difesa delle sorgenti.
La de-carbonizzazione dell’agricoltura, l’investimento in una silvicoltura potenziata, una nuova idea di urbanizzazione ecocompatibile e la riconversione di quella esistente trovano in un utilizzo ecocompatibile del sistema idrico una base fondamentale per dare una risposta alle due emergenze, climatica ed idrica. Impegni possibili che potrebbero realizzarsi se inseriti in un progetto e programma pubblico integrato.
La connessione tra i movimenti sociali per un altro mondo necessario L'acqua bene comune nella crisi e nell'emergenza sanitaria

L'emergenza sanitaria dimostra il totale fallimento del modello neoliberista che ha anteposto gli interessi delle lobby finanziarie e delle banche ai diritti delle persone, ossessionato dal pareggio di bilancio, fondato sulla priorità dei profitti d’impresa, sulla preminenza dell’iniziativa privata e su una forte spinta alle privatizzazioni oltre che su un'errata allocazione delle poche risorse disponibili riducendo quelle a sostegno dei servizi essenziali, aumentando per contro quelli per le spese militari e per le grandi opere inutili e devastanti.
Una società basata su tale pensiero unico non può garantire protezione alcuna ed entra in piena contraddizione con la salvaguardia della vita stessa.
Proprio per questo si apre, almeno potenzialmente, uno spazio di iniziativa importante per rilanciare la costruzione di un nuovo modello sociale e produttivo, fondato sulla centralità dei beni comuni e dei diritti fondamentali ad essi collegati, a partire da quelli essenziali per la vita.

Tutto ciò è esattamente in continuità con il percorso del movimento per l'acqua e, dunque, vogliamo connetterci con gli altri soggetti e movimenti, su basi nuove, facendo vivere e rafforzando un pensiero e un’iniziativa che rimetta al centro l’irriducibilità e la non negoziabilità dei beni comuni rispetto alle logiche del profitto e del mercato. Sentiamo forte l’esigenza di avviare un confronto largo e ampio con il fine di provare a elaborare, insieme ad altre realtà, una narrazione generale, proposte programmatiche e iniziative che mettano a nudo le contraddizioni della crisi, consentano la costruzione di adeguati rapporti di forza, invertano la rotta e realizzino un modello
produttivo e sociale alternativo. E’ imprescindibile compiere un salto di qualtà a partire da un approccio per cui i temi specifici di ciascun soggetto o realtà sociale possano vivere dentro questa cornice più larga.
In coerenza con quest'impostazione, ci sentiamo di avanzare, come movimento per l’acqua, una serie di proposte che, da una parte, connotano da sempre la nostra battaglia e, dall’altra, possono costituire un arricchimento per costruire un programma generale che possa vedere accomunate le realtà sociali che vogliono impegnarsi per dare gambe alla realizzazione di un’alternativa radicale al modello presente.
Partiamo dal fatto che, a fronte della situazione di emergenza idrica che si è evidenziata in questi ultimi anni e che comunque ha caratteristiche strutturali, occorre mettere in campo rapidamente alcuni interventi in grado di aggredirla e dare ad essa soluzioni utili. E' necessaria dunque, rispetto al modello di gestione privatistico, una radicale inversione di tendenza che si può realizzare unicamente con la ripubblicizzazione del servizio idrico e un nuovo sistema di finanziamento, basato sulla leva tariffaria, sulla finanza pubblica e la fiscalità generale. In queste direzioni, intendiamo avanzare le seguenti proposte:


1. la ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato mediante l’approvazione della nostra proposta di legge attualmente bloccata in Commissione Ambiente della Camera dei Deputati;
2. la costituzionalizzazione del diritto all’accesso all'acqua e dei diritti della Natura;
3. la soppressione di ARERA e la discussione di un nuovo modello di finanziamento e regolazione del servizio idrico;
4. il riallaccio di tutte le utenze domestiche disalimentate, almeno nel quantitativo minimo vitale; l’accesso universale all’acqua attraverso l’erogazione gratuita del quantitativo minimo ad ogni persona, senza dover comprovare un disagio economico-sociale;
5. l’esenzione del pagamento per gli utenti che abbiano perso reddito da lavoro con un ampliamento deicriteri già previsti nella disciplina del Bonus idrico;
6. l’attivazione di un grande piano per la ristrutturazione delle reti idriche, che preveda anche il divieto alla distribuzione dei dividendi e la destinazione degli utili delle aziende che gestiscono il servizio idrico.
Stiamo parlando di ingenti risorse (centinaia di milioni di euro) che potrebbero essere utilizzate per finanziare investimenti che sappiamo essere estremamente necessari visto che la rete idrica italiana ha perdite medie superiori al 40%;
7. la riduzione dei consumi idrici, anche attraverso incentivi all'ammodernamento degli impianti di irrigazione in agricoltura (ad es. irrigazione a goccia) e all'utilizzo delle acque piovane e incentivi alla realizzazione di reti idriche duali ed all’installazione di dispositivi per il risparmio idrico nell’edilizia di servizio, residenziale e produttiva.

Segreteria Operativa Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
Via Macerata, 22/A – 00176 Roma - Tel. +39 333 6876990
e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. / Sito web: www.acquabenecomune.org

 
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